Sogni e Approccio Cognitivo Comportamentale

Negli ultimi anni, i terapeuti cognitivo-comportamentali hanno riscoperto il loro interesse nel lavoro con i sogni. L’analisi del sogno nel quadro della terapia cognitivo-comportamentale (CBT o TCC) sembra essere pienamente giustificata se si considerano i meccanismi cognitivi coinvolti nel processo del sogno.

Dalla nascita della psicoterapia, il lavoro con i sogni si è sviluppato principalmente nel campo della psicoanalisi, della terapia psicodinamica e, meno comunemente, nell’ambito della terapia umanistica o esistenziale. Nell’ambito della terapia cognitivo-comportamentale, invece, sono state elaborate pochissime idee sull’analisi dei sogni. Tuttavia, negli ultimi anni, i terapeuti cognitivi hanno riscontrato un nuovo interesse nel lavoro con i sogni (Rosner, Lyddon & Freeman, 2004).

Il riferimento ai sogni nella CBT è pienamente giustificato se si considerano i meccanismi cognitivi coinvolti nel processo del sogno, come:
– accumulare contenuti sia nella memoria semantica che in quella autobiografica;
– rappresentare questi elementi in modo visivo, uditivo e in altre modalità;
– combinare le rappresentazioni di cui sopra in una scena onirica;
– creare una sequenza narrativa per la scena del sogno; e
– concentrarsi sul contenuto dei sogni.

Il sogno è anche correlato all’assimilazione delle esperienze personali nel proprio sistema di memoria.
Durante questo processo, gli eventi della vita da svegli vengono contestualizzati attraverso la formazione di connessioni tra precedenti esperienze cognitive ed emotive e circostanze presenti.
I sogni sono un modo per assimilare le esperienze di veglia negli schemi cognitivi, perché aiutano a classificare le esperienze emotive vissute nello stato di veglia, confrontarle con i ricordi e pianificare azioni future.

Questi processi sono possibili nel caso di sogni che non riflettono potenti eventi emotivi traumatici. È molto probabile, invece, che questi altri sogni legati ad esperienze traumatiche (di solito incubi) siano ricorrenti, poiché sono un tentativo di completare l’assimilazione e l’elaborazione delle esperienze negative di veglia.

Il trattamento dei sogni spaventosi ricorrenti nell’ambito della CBT è una tecnica ben consolidata. Questo argomento è stato affrontato in numerose review e meta-analisi. Il lavoro con gli incubi nella CBT è un approccio consolidato, sviluppato e applicato spesso, mentre quello con i sogni, in generale, è invece affrontato a malapena e viene impiegato rarissimamente.

Si verifica così un circolo vizioso a causa della mancanza di ricerche sull’uso dei sogni nella CBT che a sua volta provoca una mancata conoscenza o una conoscenza molto approssimata sull’analisi dei sogni in questo approccio terapeutico; pertanto, i terapeuti non vogliono approfondire questo argomento durante le sessioni di terapia. Lo scopo principale di questo articolo è evidenziare come invece il lavoro con i sogni nella CBT sia una tradizione storica consolidata (Montangero, 2009; Heaton et al, 1998; Hill, 1996; Aurora et al, 2010; Cranston et al, 2011; Casemet & Swanson, 2012; Freeman & White, 2004).

 

Prospettiva storica del lavoro con i sogni nella CBT

Storicamente vi è una divisione in approccio oggettivo e approccio costruttivo nei confronti del lavoro sui sogni. Il primo deriva dalla tradizione oggettivista della CBT ed è rappresentato, tra gli altri, da Beck e da Freeman. Il secondo è più focalizzato sui modi metaforici, soggettivi e affettivi di comprendere i sogni. A questo approccio appartiene, ad esempio, Hill.
La prospettiva storica sull’analisi dei sogni nella CBT riguarda i lavori di Beck, Hill, Freeman e Montangero. Viene anche considerato l’uso dei sogni nella Schema Therapy di terza ondata. Tuttavia, gli autori di cui sopra non sono gli unici ad aver sviluppato il tema dell’analisi dei sogni nella CBT. Altri includono Gonçales, Barbosa e Barrett (Gonçales & Barbosa, 2004; Barrett, 2004). A causa della mancanza di spazio, una presentazione di tutti questi concetti esula dallo scopo di questa recensione.

 

Aaron T. Beck: dalla psicoanalisi all’approccio cognitivo

Aaron Beck è uno dei padri fondatori della CBT. Prima di dare un contributo pionieristico a questo approccio terapeutico, si è formato nella psicoanalisi. Nel 1959 si unì al gruppo di ricerca guidato da Saul. L’obiettivo principale del loro progetto era di esaminare la teoria psicoanalitica dell’“ostilità invertita” nei pazienti depressi. Questo concetto presuppone che nella depressione si verifichi un bisogno auto-punitivo di soffrire. È stato suggerito che i sogni “masochistici” siano legati alla depressione e che i soggetti con tendenze masochiste potrebbero essere più inclini a questo disturbo, quindi lo studio ha confermato il concetto psicoanalitico di “ostilità invertita”. In effetti, questo è l’unico articolo di Beck in cui egli ha fatto riferimento all’interpretazione psicoanalitica dei sogni. Nel suo successivo progetto, Beck, in collaborazione con Ward, estese la ricerca e confermò le sue scoperte precedenti. Durante la discussione, tuttavia, dichiarò che:

(a) non è necessario analizzare i sogni, o assumere alcun significato inconscio, per valutare il loro significato tematico;

(b) il contenuto manifesto del sogno si correla bene con temi importanti nella vita di veglia di una persona;

(c) i temi della patologia di una persona e della sua volontà sono correlati, suggerendo l’esistenza di un certo meccanismo che regola il modo in cui costruiamo il significato; e

(d) lo studio sistematico e sperimentale dei sogni sarebbe utile per isolare altri correlati tematici di specifiche psicopatologie e per individuarne i meccanismi.

Le suddette conclusioni sono state fondamentali per un cambiamento cognitivo del pensiero di Beck sui meccanismi dei disturbi mentali. Insieme alla delusione personale di Beck per i risultati della sua terapia psicoanalitica e alla sua insoddisfazione per il modo in cui i terapeuti psicoanalitici trattavano i loro pazienti, le sue conclusioni sui sogni lo portarono ad abbandonare la psicoanalisi e lo motivarono a lavorare sul suo personale metodo terapeutico (Weishaar, 1993; Beck & Hurvich, 1959; Rosner, 1997; Beck & Ward, 1961).

Nel 1971 Beck pubblicò il suo ultimo articolo sui sogni; questo era l’unico che riguardava i sogni e un approccio cognitivo. In questo articolo, egli definì i sogni come “(…) un fenomeno visivo che si verifica durante il sonno”.
Secondo Beck, i sogni riflettono il concetto di sé, del mondo e del futuro del paziente.
Di conseguenza, i sogni sono visti come il riflesso dei modelli cognitivi del paziente, che sono specifici per l’individuo e che “esercitano una massima influenza sul contenuto dei sogni”.
Pertanto, alcuni sogni possono essere uno strumento utile nella ristrutturazione cognitiva in quanto aiutano a rivelare distorsioni cognitive, schemi e pattern di pensiero maladattivi.

Inoltre, secondo Beck, un singolo sogno può fornire una chiarificazione del problema del paziente.
Dopo aver formulato una serie di ipotesi alternative, un sogno può supportarne una, modificarle od offrire possibilità completamente diverse.

I sogni potrebbero anche essere considerati come una sorta di biopsia dei processi psicologici del paziente.
I sogni patognomonici mostrano, a loro volta, il modo in cui l’individuo vede sé stesso, il mondo e il futuro.
Il contenuto del sogno può riflettere i cambiamenti nella modalità di pensiero esercitata in stato di veglia dovuti ai progressi nella terapia (Beck, 1971; Beck, 1967).

 

Clara E. Hill: il modello cognitivo-sperimentale dell’interpretazione dei sogni

Uno dei metodi più elaborati e ben documentati per lavorare con i sogni nelle sessioni di psicoterapia è il modello cognitivo-sperimentale di interpretazione dei sogni di Hill. È stato sviluppato negli anni ’90 sulla base degli approcci psicoanalitico, esistenziale-fenomenologico, gestalt, cognitivo e comportamentale. A causa della varietà di fonti del modello di Hill, non è direttamente riconosciuto come parte della CBT. Tuttavia, può essere utilizzato all’interno della CBT come modello di integrazione che si applica al concetto di Beck della terapia cognitiva come terapia integrativa (Alford & Beck, 1997; Alford & Norcross, 1991).

Secondo Hill, i sogni sono una continuazione dei pensieri di veglia e quindi il loro significato è personale. Contengono componenti cognitive, comportamentali ed emotive. Lavorare con i sogni presuppone la collaborazione tra il terapeuta e il cliente, che è la figura principale in questo processo. L’obiettivo di lavorare con i sogni è introdurre cambiamenti nel modo in cui i clienti pensano, sentono e si comportano, e sviluppare la loro comprensione di sé.
Il modello cognitivo-sperimentale dell’interpretazione dei sogni comprende le seguenti tre fasi:

(a) esplorazione,
(b) intuizione e
(c) azione.

La prima fase si compone di cinque sotto-fasi:
(a) spiegazione del modello cognitivo-sperimentale di interpretazione dei sogni;
(b) re-telling del sogno;
(c) esplorare i sentimenti generali e la tempistica del sogno;
(d) esplorare le immagini secondo il metodo DRAW (descrizione del sogno, riesperire o rivivere il sogno, associazioni con il sogno, fattori scatenanti della veglia); ed
(e) riassumere.

Durante la fase di esplorazione, il cliente ha l’opportunità di rivelare le relazioni tra il sogno e la vita da svegli.

Quando le immagini dei sogni sono state esplorate, viene introdotta la fase di intuizione. Si divide in tre sotto-fasi:
(a) chiedere al cliente una prima comprensione del sogno;
(b) stabilire il significato del sogno; e
(c) riassumere.

Durante questa fase, il terapeuta e il cliente collaborano per stabilire il significato del sogno.
La fase dell’azione ha tre sotto-fasi:

(a) cambiare il sogno;
(b) incoraggiare il paziente a fare cambiamenti nella sua vita da sveglio; e
(c) riassumere.

Cambiare il sogno può riferirsi al terapeuta che chiede al cliente di alterare il sogno nella sua immaginazione o creare una continuazione del sogno. Il terapeuta incoraggia il cliente a pensare ai modi in cui vorrebbe cambiare la trama del sogno. Hill descrive tre possibili tipi di azioni:

(a) cambiamenti comportamentali;
(b) rituali e
(c) lavoro continuativo sul sogno.

In questa fase, il terapeuta può anche insegnare al cliente nuove modalità comportamentali, od incoraggiarlo a impiegare abilità già acquisite ma che ha paura di mettere in pratica (Hill, 1996; Hill, 2004).

 

Jacques Montangero: descrizione, fonti di memoria e metodo della riformulazione

Montangero afferma che “il sogno è un fenomeno principalmente cognitivo poiché consiste nel creare rappresentazioni, cioè evocare cose che sono assenti per mezzo di sostituti come immagini mentali, parole, ecc.”.

Le rappresentazioni dei sogni non sono prive di significato; sono legate alle aspirazioni e alle preoccupazioni di una persona e sono spesso complementari agli argomenti del giorno precedente a cui non si vuole o non si ha tempo per pensare. Pertanto, il significato dei sogni non è univoco, ma personale.

L’obiettivo della procedura sistematica di interpretazione dei sogni sviluppata da Montangero è rivelare questo significato personale degli elementi del sogno.

La descrizione, le fonti di memoria e il metodo della riformulazione (DMR) sono stati elaborati negli anni ’80 e migliorati fino all’inizio degli anni 2000. Il metodo ha tre passaggi:

(a) descrizione completa,
(b) ricerca di fonti mnemoniche e
(c) riformulazione della descrizione del sogno.

Nella prima fase, il paziente deve immergersi nel ricordo del suo sogno. Condivide il contenuto del sogno con il terapeuta, che scrive questa descrizione.
Il secondo passo è focalizzato sul collegamento degli elementi del sogno a ricordi autobiografici al fine di chiarire il significato del sogno.
Lo scopo della terza fase è infine descrivere il contenuto del sogno come una sequenza di termini più generali.

Il paziente e il terapeuta categorizzano in modo collaborativo e trovano una definizione o una funzione per ogni elemento del sogno. Queste idee generali potrebbero successivamente essere applicate alle aspirazioni o alle preoccupazioni del paziente. La riformulazione del sogno porta alla sua interpretazione, che si basa sulle relazioni tra gli elementi del sogno e le esperienze di veglia del paziente.

Montangero ha stabilito il metodo DRM come parte della CBT poiché ha diversi principi metodologici generali in comune con questo approccio; per esempio, sia il DRM che la CBT utilizzano un’analisi sistemica del contenuto mentale del paziente (Montangero, 2009; Montangero, 2017).

 

Arthur Freeman: linee guida per l’utilizzo dei sogni

Secondo Freeman, un sogno è la rappresentazione di una drammatizzazione peculiare della visione del sé e del mondo da parte del sognatore.
Riflette le cognizioni di veglia e le risposte affettive dell’individuo, non i “misteriosi riflessi di cosiddette questioni più profonde”.
Anche l’appello ai simboli dei sogni dovrebbe essere evitato; quindi, in terapia, un sogno dovrebbe essere inteso in termini di vita del paziente e delle sue esperienze in stato di veglia.

Arthur Freeman ha lavorato all’analisi dei sogni nella CBT dagli anni ’80. Ha dovuto fare affidamento ai primi documenti di Beck perché in altre fonti non è riuscito a trovare alcun riferimento ai sogni, al sognare o all’uso dei sogni nella CBT.

Ha elencato i punti riguardanti “l’interpretazione cognitiva del sogno”. La versione più recente della quale contiene regole come, ad esempio:
– comprendere il sogno in termini tematici piuttosto che simbolici;
– il contenuto tematico è peculiare per il sognatore e deve essere compreso nel contesto della sua vita di veglia;
– le risposte affettive all’immagine del sogno possono essere viste come simili alle risposte emotive del paziente nella vita di veglia;
– il lavoro con il contenuto e le immagini dei sogni rientra all’interno della stessa categoria del metodo di ristrutturazione cognitiva dei pensieri automatici;
– il sogno può riflettere uno o più schemi del paziente.

Queste linee guida presentano in modo semplice e accurato come i terapeuti cognitivo-comportamentali possano lavorare con i sogni all’interno di questo approccio terapeutico (Freeman & White, 2004; Freeman, 1981; Freeman & Boyll, 1992).

 

Jeffrey Young: Schema Therapy e sogni

La Schema Therapy è una terapia integrativa che si sviluppa in modo significativo a partire dalla CBT tradizionale. È stata formulata da Young e colleghi nel 1990. Uno dei principali presupposti della Schema Therapy afferma che gli schemi, che hanno la loro origine in esperienze infantili tossiche, siano la fonte di una serie di problematiche psicologiche. Questi schemi tossici sono stati chiamati da Young “schemi maladattivi precoci”, e sono stati definiti come dei temi o dei pattern ampi e pervasivi composti da ricordi, emozioni, cognizioni e sensazioni corporee riguardanti sé stessi e le proprie relazioni con gli altri.
Gli schemi maladattivi precoci si sviluppano durante l’infanzia o l’adolescenza, vengono elaborati nel corso della vita e provocano all’individuo disfunzioni in misura significativa.

Sono state stabilite due fasi della Schema Therapy:

(a) la fase di assessment ed educazione e
(b) la fase di cambiamento.

Secondo Young, la Schema Therapy può riferirsi ai sogni in entrambe le fasi.

Gli schemi vengono attivati ​​durante varie esperienze nella vita di un paziente; possono essere presenti non solo nella mente in stato di veglia, ma anche nei sogni.
I sogni ricorrenti e quelli con un forte contenuto emotivo sono i più importanti.

Un paziente può registrare i suoi sogni e discuterli con il terapeuta. Il contenuto del sogno può rivelare gli schemi di un paziente nella prima fase della valutazione o assessment dello schema.

Inoltre, raccontare un sogno può essere un punto di partenza per il lavoro di imagery relativo all’uso di metodi esperienziali nella fase di cambiamento dello schema (Young et al, 2003; Rafaeli et al, 2011).

I suddetti suggerimenti per lavorare con i sogni nella Schema Therapy sono gli unici che sono stati formulati finora: la ricerca empirica sul lavoro con i sogni nella CBT di terza ondata è infatti purtroppo ancora carente.

 

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